martedì 15 maggio 2012

€uro visione parte 1^ Dieci anni dopo: un successo o un errore?

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L'€uro festeggia, in questa primavera, il suo decimo compleanno. Ma, data la contingenza, non è certo il momento di rallegrarsi. Sarà un compleanno destinato a passare in sordina. Ripercorriamone assieme i passi più salienti. Vediamo di fare un primo bilancio in modo schietto e senza filtri.

 
10 anni, 4 mesi e 10 giorni. Può apparire eccessivo ma questo è il tempo trascorso da quando l'€uro ha ottenuto pieno corso legale. Eh si, già due bei lustri son trascorsi. E qual'è lo stato dell'arte della nostra moneta unica? 
Sia il 1° Gennaio 1999 (avvio del corso virtuale della moneta) che il 1° Gennaio 2002, per la nostra divisa si auspicava un debutto pieno di profittevoli aspettative.
332 milioni di uomini e donne, finalmente, venivano unite sotto un'unica moneta.

Guardando ancora al passato, quel lontano 1° gennaio 2002, suonava come una mini-rivoluzione per i dodici paesi (ora diciassette) che avevano sottoscritto l'accordo: addio ai costosi uffici di cambio per ottenere marchi, franchi o pesetas e l'inflazione era il nemico giurato da battere. 
Infatti, se è vero che la moneta unica avrebbe dovuto limitarla, è altrettanto vero che, oggi, la sua sopravvivenza è… pericolosamente in bilico.
Ma, a conti fatti, oggi, a quanto ammonta la massa di divisa europea in circolazione?
A metà del 2011, secondo la BCE, circolavano 14,2 miliardi di banconote e 95,6 miliardi di monete, per un controvalore nominale pari a 869,8 miliardi di euro.
Ma dopo questi primi 10 anni, qual'è la percezione o l'opinione generale che la popolazione europea si è fatta sulla moneta unica? Quali le colpe o i meriti secondo questi ultimi?
Purtroppo, col senno di poi, occorre osservare che l’euro non è mai riuscito a far breccia nei cuori degli europei. La moneta unica è stata individuata quale responsabile dell’impennata dei prezzi. Certo, l’euro è un facile capro espiatorio, ma è innegabile che i prezzi dei prodotti di maggior consumo siano aumentati in maniera significativa e più rapidamente rispetto all’inflazione. Da qui la sensazione che, dall’introduzione dell’euro, tutto sia aumentato.
Tuttavia, istituzioni e tecnici appaiono di parere differente. Ossia: la BCE osserva che negli ultimi dieci anni l’inflazione si è mantenuta intorno al 2%, in linea con il suo obiettivo.
Agli occhi di alcuni economisti, questo controllo generale dei prezzi (la cui stabilità è la missione principale della Banca centrale), nonostante le economie molto diverse che compongono l’area dell’euro, è il principale successo della moneta unica.
Sta di fatto, però, che l’euro non è riuscito a diventare una vera alternativa al dollaro.
La crisi del debito ha smorzato questa ambizione. Soprattutto perché, nel frattempo la Cina, seconda potenza mondiale, sta facendo un forcing sfrenato per promuovere ed imporre il suo yuan. E, come se non bastasse, oggi la moneta unica europea è scesa per la prima volta in dieci anni sotto i 100 yen, e si sta indebolendo anche nei confronti del dollaro, andando sotto quota 1,3 dollari per la prima volta da gennaio. E siccome i guai non vengono mai da soli, oggi continuano i timori che la crisi dei debiti pubblici nazionali portino alla dissoluzione dell’unione monetaria.
Altro dato oggettivo riscontrato è che, il principale limite della moneta unica, è la mancanza di integrazione politica e di convergenza economica. Il divario Nord-Sud europeo si è ampliato, con la Grecia al suo estremo. Tale fenomeno involutivo è stato lasciato perdurare per troppo tempo, ingenerando una situazione pericolosa.
La vera sfida, ora, è quella di riconciliare economie che, per dieci anni, si sono allontanate le une dalle altre. E l'attuale situazione di emergenza non fa che esacerbare il consolidamento del divario che, ora più che mai, minaccia di far saltare in aria la moneta unica. E quindi, la domanda nasce spontanea: l’euro è dunque un fallimento? La mia risposta è... Dipende!
Certo, si può aspramente criticare una valuta che fatica a trovare la sua direzione. Ma è altresì vero che, le sue difficoltà, possono essere viste come gli inevitabili alti e bassi di un'impresa di lungo termine, unica nel suo genere e che resterà scritta nella storia. Ma il sentiment popolare? Qual'è?
Ebbene, la sfiducia del popolo nei confronti dell’euro cresce. Tutti sembrano voler tornare alle vecchie valute nazionali, ma alla fine, nessun Paese vuole uscire da Eurolandia. Anche tra coloro che soffrono di più come l’Irlanda, il Portogallo e la Grecia. L'€uro non è senz'altro la panacea, ma ci si accontenta… in mancanza di qualcosa di meglio.
Allora, aldilà di tutti i problemi e crisi, questa giovane moneta, è riuscita a centrare qualche concreto risultato? C'è di che essere orgogliosi?
“La moneta unica ha molte cose di cui andare fiera”, come ricorda sul "Messaggero" l’ex presidente del Consiglio e Commissione Europea Romano Prodi, sottolineando la portata storica dell’avvenimento. Al termine di “un cammino lungo e difficile”. Questi, in un'intervista, ha dichiarato:
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Per otto anni l’euro ha funzionato come doveva, riducendo l’inflazione, obbligando i paesi a una maggiore disciplina di bilancio e, attraverso la diminuzione dei tassi di interesse, rendendo possibile il mantenimento dell’equilibrio finanziario anche nei Paesi pesantemente indebitati, come l’Italia. Oggi l’euro è pur sempre la seconda valuta più scambiata, come moneta di riserva internazionale, dopo il dollaro. L’area dell’euro, complessivamente, è la seconda economia più grande del mondo. Altri sei paesi ne sono entrati a far parte dopo l’introduzione iniziale: Grecia, Slovenia, Cipro, Malta, Slovacchia ed Estonia, e l’euro serve oggi per i pagamenti quotidiani di oltre 300 milioni di persone. Nei primi anni della sua esistenza, la moneta unica convisse con un periodo di grande crescita economica a livello mondiale, con rari momenti di arresto. Poi c’è stata la crisi greca, che è sembrata cogliere i meccanismi di governo della moneta unica del tutto impreparati>.
<La crisi>, prosegue Prodi, <ha messo a nudo le differenze di efficienza e di produttività che si erano accumulate dopo la costruzione dell’euro>
Bé io ritengo che, anche poco dopo la sua introduzione, ci fu chi criticò la moneta unica, accusata di aver causato un rialzo generalizzato dei prezzi. 
Io non penso di sbagliare affermando che, in Italia, gli aumenti incontrollati ci sono stati. La colpa, però, non è solo dell’euro. In alcuni settori commerciali, poi, i prezzi sono addirittura diminuiti. Come: elettronica e grande distribuzione, mentre nel mercato immobiliare l’aumento è stato molto sensibile.
Un dato innegabile è che, nel decennio che sta per concludersi, il potere d’acquisto degli italiani non solo è rimasto fermo ma, secondo Confcommercio, tra il 2007 e il 2011 il reddito disponibile delle famiglie si è ridotto di oltre il 7%, con un calo dei consumi pro capite di oltre tre punti percentuali dall’inizio della crisi ad oggi.  Ma vorrei aggiungere anche un'altra considerazione. Ossia...
In questi anni, i paesi europei, si sono dimostrati troppo gelosi e chiusi nelle proprie sovranità nazionale, nel momento di decidere le proprie politiche economiche.
Ricordo quando Giscard d’Estaing, ex presidente francese, paventava il rischio dell’allargamento troppo rapido ad altri paesi. Soprattutto dell’Europa dell’est; 10 dei quali entrarono a far parte dell’Unione Europea nel 2004, rendendo il gruppo “non più omogeneo”.
Ma si può anche onestamente affermare che, tali problemi, fossero già inseno al disegno europeo previsto dal trattato di Maastricht, che avrebbe sì funzionato sul piano della creazione di una moneta “forte” (come è oggi l’euro). Ma che avrebbe fallito sul piano della costruzione delle istituzioni necessarie.
E poi c’è la secca e severa risposta tedesca, che dà le principali responsabilità alla...
“Scarsa diligenza fiscale dei paesi periferici, che hanno continuato nella loro tradizione di scarso rigore nei conti pubblici”. Ed è in questa dura consapevolezza che, a mio modesto parere, risiede davvero il tanto temuto “Spread” fra noi e la Germania. Lo ammetto, è un boccone amaro da mandar giù; in queste affermazioni è palese il riferimento ad economie molto rimaneggiate ed arrangiate quali: Italia, Grecia, Portogallo ecc. Ma alla fine, è solo una la cosa che conta: Noi, ne usciremo?
Continuerà nella parte 2^

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