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Nella
prima parte dell'articolo ho tentato di tracciare un sintetico
bilancio del primo decennio della nostra moneta unica; ho analizzato
presupposti, obiettivi, funzioni ed auspici attesi. Ma ho anche
tentato di stigmatizzare le ragioni delle attuali criticità oltre
che dei rischi che incombono sull'€uro.
E
dunque, proviamo a farlo questo tuffo nelle fredde acque
"dell'economia
reale";
quel burrascoso mare che risponde al nome di: "potere
d'acquisto delle famiglie".
Chiediamoci, cioè: cosa è successo, in questi due lustri, alle
nostre tasche?
Orbene...
la capacità di spesa delle famiglie italiane, sostanzialmente, si è
ridotta perché l'inflazione è cresciuta più delle retribuzioni.
Nel senso che, partendo dai dati macroeconomici, ogni indagine
eseguita, quantifica subito in una percentuale del 7% il calo del
potere d'acquisto degli italiani. Il
risultato è frutto del rapporto fra l'inflazione, cresciuta in dieci
anni del 21% ed il reddito medio pro capite, il cui incremento è
stato invece solo del 14%.
Prima
riflessione quindi: quali immediate conseguenze si sono avute sulla
spesa? Come e quanto è cambiata la propensione degli italiani nel
frattempo?La
riduzione della capacità di spesa ha ovviamente modificato i
comportamenti. Ovvero: negli alimentari, ad esempio, mentre i prezzi
sono saliti in dieci anni del 25%, la spesa relativa è cresciuta
solo del 13%, diventando quindi più selettiva.
Al
contrario, essendo cresciute le ore passate al cellulare e su
internet, la spesa relativa è cresciuta del 30% mentre i prezzi per
le tlc sono calati del 28%.
Seconda
riflessione: Inflazione o speculazione?
Bene,
partendo dai dati Istat,
possiamo rilevare che, la crescita dell'inflazione
(ossia
l'indicatore che calcola il costo della vita in base all'aumento dei
prezzi al consumo)
è
stata in media del 2,3% annuo: i prezzi, dunque, in dieci anni sono
cresciuti di quasi un quarto di punto. Il percorso è stato
abbastanza lineare, con l'eccezione del biennio che ha preceduto la
crisi globale quando, nel 2007-2008, sui generi alimentari e
sull'energia si scaricarono i rincari improvvisi dei prezzi di
cereali e del petrolio. Effetti che, la speculazione, ha fatto
diventare permanenti anche a crisi del grano conclusa.
E
le autorità che cosa hanno fatto per tutelare i consumatori? Niente!
La
prova è nel prezzo della farina, del pane e degli altri derivati dei
cereali. Cresciuto in linea con l'inflazione fino al 2007, ha poi
fatto un balzo in avanti e non è più risceso, chiudendo il decennio
dell'euro con una crescita
(+
33% per il solo pane)
nettamente
superiore rispetto all'inflazione.
Ma
vediamo più da vicino l'andamento dei settori topici dell'economia.
Quantifichiamo le variazioni decennali analizzandone i vari settori topici.
Beni
primari: La speculazione sul pane si nota anche di più guardando ai
prezzi degli altri generi alimentari, il cui aumento è stato invece
quasi in linea
(+25,3%).
A
parte i beni come tabacchi e gli alcolici
(+53%),
dove
la spesa è diventata più salata per tutti gli italiani, è il
settore dei beni cosiddetti "primari"
come: acqua
(+53%)
gas
(+34%),
carburanti
(+35%)
e
servizi
locali, a cominciare dai trasporti pubblici
(+35%)
e
dalle tariffe per i rifiuti solidi urbani
(+33%);
Trasporti
ed RC-Auto: Sui trasporti in generale, il settore, malgrado pulluli
di offerte low cost, è uno di quelli dove i rincari sono stati più
anormali: +147% per le navi, +61% per gli aerei, +46% sui treni e
+34% per i taxi. Se
si guarda al trasporto pubblico urbano, invece, l'entrata in vigore
dei biglietti a 1,50 €uro, fa di Milano e Genova le città coi
maggiori aumenti
(+94%),
considerato
che nel 2001 la corsa costava 1.500 lire.
In
tutto ciò hanno inciso sì le vicende del petrolio ma,
indubbiamente, anche le speculazioni via via attuate all'ombra del
barile.
Quanto
ai premi RC-Auto, i costi sono cresciuti a dismisura in città come
Napoli
(+122%)
e
Palermo
(+77%),
mentre
a Roma è balzata del 136%, in dieci anni, la spesa per assicurare
moto e motorini.
Ora,
se mie è permesso, aggiungerei un'ulteriore riflessione, ossia:
supponendo che il nostro mercato domestico operi in regime di "Libera
concorrenza",
qual'è stato il beneficio
(se
mai c'è stato)
delle
liberalizzazioni?
Bè, provo io a fornire una personale chiave di lettura. Nessuno! E
vi spiego anche il perchè.
In
alcuni settori chiusi, come quello dei trasporti, la presenza di
monopoli, oligopoli oppure di cartelli,
più volte denunciati anche dalle autorità di controllo, hanno
pesato sui rincari e sui consumatori. Tranne in poche ingannevoli
eccezioni, ovvero... laddove il mercato è stato aperto
(ad
es. con ampliamenti della rete distributiva),
i
prezzi sono andati giù: il caso più evidente riguarda i farmaci,
scesi del 28% in 10 anni.
Tuttavia, sta di fatto che, la nostra
economia, è ben lungi dal vivere in armonia col principio di libera
concorrenza.
Ma andiamo avanti col pesare
le notre tasche.
Le
“bollette
salate”:
a conti fatti, pare sia il comparto energetico ad aver subito di più
i contraccolpi legati al petrolio ed al prezzo del barile. In mezzo
ci sono situazioni geopolitiche complesse ed eventi straordinari, ma
a pesare sono state anche le inefficienze industriali legate alla
raffinazione ed alla distribuzione.
Dove
l'andamento dei prezzi è stato in linea con l'inflazione, come nei
settori delle telecomunicazioni e dell'elettricità, il merito è
stato in gran parte della maggiore concorrenza sul mercato dei
gestori, anche in seguito alle liberalizzazioni varate nel 2007. In
questi primi dieci anni ci sono stati anche settori con crescita qusi
inferiore all'inflazione. Vediamo, allora, i beni dai rincari minori.
Le aree in cui
la spesa è cresciuta meno rispetto a 10 anni fa, TLC a parte, è
tutto il settore dell'abbigliamento e calzature
(+17,9%),
dell'arredamento
(+20,5%),
le
spese per il tempo libero e la cultura (+10,9%) e soprattutto nel
settore sanitario
(+2,8%).
Sopra
la media dell'inflazione è stato l'aumento dei prezzi per
l'istruzione
(+26,5%)
e
per i servizi ricettivi e di ristorazione (+28,9%).
In
un focus particolare su alberghi, bar e ristoranti, l'indagine rileva
che mentre il costo di una notte in hotel è salito dal 2001 solo del
17%, le consumazioni in bar e ristoranti nelle grandi città sono
salite mediamente di 33 punti.
Drammatico,
grave e difficile da comprendere, questo incremento relativo
all'istruzione; specie in considerazione dei numerosi tagli
operati in questi anni.
Ma
andiamo avanti con le verifiche settoriali. Scopriamo gli arcani
legati alle due voci italiane per antonomasia. E cioè Caffè e
pizza:
in
questo caso, i dati vanno contestualizzati. E' vero che il caffè, ad
esempio, è aumentato del 35% a Roma e del 18,5% a Milano, ma è
anche vero che Milano è passata da 0,84 centesimi ad 1 €uro,
mentre Roma da 0,63 a 0,85 cents di €uro. Il
maggiore incremento sulla pizza, invece, si è registrato a Bari
(+45,2%),
mentre
il minore a Roma
(+20,2%).
Oggi,
però, secondo Altroconsumo,
a Bari la pizza continua a costare la metà rispetto a Roma: 3 €uro
contro 6 €uro. Mah, misteri della crisi!
E
c'è da chiedersi
(ed anche con una certa preoccupazione): come
mai? In che modo si è potuto giungere a dimezzare una "Offerta"?
Abbassandone la qualità delle materie prime? Il dubbio, me lo
consentirete, appare legittimo!
E
giungiamo alla parte finale. Ovvero, le mie conclusioni:
non
posso certo dire che, il passaggio all'€uro, dopo dieci anni di
moneta unica, sia stato indolore
per noi consumatori. Ma, fatta eccezione per il biennio 2007-2008,
l'inflazione, in fondo, è cresciuta in modo fisiologico.
Tuttavia,
i picchi
nascosti
(e
non controllati da nessuno)
dietro
l'andamento medio dei prezzi, hanno fortemente penalizzato i
consumatori, a cominciare proprio da quei beni di prima necessità
quali: l'acqua, il gas, il canone Rai o i trasporti, che hanno
registrato aumenti generalizzati
(e
molto spesso non giustificati)
per
le tasche dei cittadini.
€uro
10 anni dopo: Casi pratici
Ma
quanto guadagnano gli italiani? Quanto riescono a risparmiare? E come
spendono? Mostriamolo, in sintesi, nelle immagini che seguono; due foto
che sbirciano, con asettica discrezione, nelle tasche degli italiani facendo
il punto della situazione.
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